Sculture che danzano. Società, teatro, arte nell'India antica
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Sculture che danzano
di Paolo Albonetti
Questo saggio si configura come un prezioso contributo alla iconografia della danza antica indiana, codificata dal trattato Natya Sastra. L'autrice ha infatti esaminato e catalogato le 108 nicchie scolpite nel tempio di Siva Nataraja a Cidambaram mettendole in relazione con le posizioni (karana) descritte dal trattato. Il lavoro, condotto con competenza, offre allo studioso la possibilità di esaminare le tecniche di questo particolare genere spettacolare nel momento del suo massimo prestigio. Come infatti è spiegato nella prima parte del saggio, le attuali scuole di danza indiana che si ispirano all'antico trattato non derivano direttamente dalle antiche, ma sono state create nel secolo appena trascorso da intellettuali nazionalisti che hanno voluto recuperare una tradizione decaduta che per le sue connessioni con la prostituzione sacra aveva rischiato di scomparire definitivamente durante il periodo della dominazione britannica.
Quindi, per quanto accurata e filologica possa essere la ricerca archeologica di queste scuole, i suoi risultati non possono essere visti che come ricostruzioni in assenza del fenomeno. E come conclude l'autrice parlando dell'influenza dei karana sulla danza contemporanea, gli attuali interpreti tendono giustamente a vederli come una fonte di ispirazione che non esclude innovazioni personali piuttosto che come un canone immodificabile da rispettare pedissequamente.
Un libro decisamente interessante e ben fatto, a cui consiglio di abbinare il saggio dedicato al teatro No giapponese La verità dello specchio di Matteo Casari, della stessa casa editrice.
«Eventi di carta» (maggio 2002)
di Paolo Puppa
Per i tipi de Il principe costante, coraggioso editore sito nella produttiva provincia udinese, è stata varata di recente una collana di studi dedicati, per ora, all'Oriente. Giovane la collana e giovani gli autori, laureati al Dams, facoltà dello spettacolo dove insegna tra l'altro Giovanni Azzaroni, da sempre appassionato cultore di tali territori, e, grazie alla presenza di maestri quali De Marinis e Savarese, facoltà altresì orientata a sinergie e contiguità con un maestro della scena contemporanea, come Eugenio Barba che ha metabolizzato tecniche e visioni dischiuse dall'Est. Un fascino esotico emana così dal testo di Carolina Guzman, in Sculture che danzano. Società, teatro, arte nell'India antica, entro un clima che pare evocare scenari forsteriani degni di A passage to India, con una serrata indagine sul patrimonio scultoreo religioso a Cidambaram, in cui i complessi movimenti della danza sacra vanno a tradursi nella fissità allucinatoria della pietra. Lo stesso avviene nel volume di Matteo Casari, La verità dello specchio. Cento giorni di teatro No con il maestro Umewaka Makio, con una qualità diversa, perché si tratta di una sorta di diario di tre messi trascorsi alla corte di un maestro di trasmissione di un sapere antico, di una tradizione attorale austera e invasiva.